La storia di San Pietro in Campo Tratto dal libro "Comunità Parrocchiale S. Pietro in Campo - Mologno CHIESA DI S. BERNARDINO" di Antonio Nardini stampato dalla Tipografia Gasperetti Copyright © 2006 Casale I Girasoli - E' vietata la riproduzione anche parziale del testo

CAMPOSANPIERI Nel Medioevo, verso il " mille ", nella zona che comprende i piani di San Piero in Campo e quello sottostante di Mologno viveva, non stabilmente, una laboriosa popolazione dedita totalmente all'agricoltura. Nei prati irrigui di Mologno si effettuavano persino tre tagli di fieno che alimentavano un numeroso bestiame e sulle rive pescose del Serchio e della Corsonna, in apposite pozze, si macerava la canapa. Lunghi filari di viti, maritate ai gelsi, separavano le diverse coltivazioni del piano più alto seminato a leguminose, grano, ma anche a scagliola e panico. I castagneti delle coste di Rampugnana, di quelle della Corsonna e del Serchio e di qualche pianoro fornivano il nutriente alimento e il duraturo legname. Scarse erano le abitazioni, murate a terra con i sassi rotondeggianti ricavati dalla bonifica del terreno, mentre le stalle, stallini, capanne e fienili, posti intorno ad un'aia in terra battuta, erano coperti con paglia di segale, coltivata principalmente per questo uso. I contadini vivevano, per ragioni di sicurezza, nei castelli posti nei luoghi più alti, solamente nei periodi dei raccolti bivaccavano nei campi a protezione delle messi e dei frutti.

IL ROMITORIO DELLE SUORE Che la località non fosse stabilmente abitata è dimostrato anche dal fatto che vi esisteva, almeno dal 1200, il Romitorio di Santa Maria di Camposanpieri, tenuto dalle suore dell'Ordine di Sant'Agostino e ricordato in numerosi documenti. I romitori, per loro stessa natura, erano situati in luoghi isolati, relativamente lontani dai centri abitati e si presume che anche quello di Santa Maria si fosse uniformato alla regola generale. Non sappiamo quando e perché il romitorio delle suore fu soppresso ma siamo a conoscenza che nel 1400 esisteva, nello stesso luogo, un, non meglio identificato, romitorio di frati, del quale conosciamo solo l'esistenza. L'antica chiesa, legata ai monasteri, e sopravvissuta alla loro distruzione, era sorta su un vasto terreno pianeggiante donata probabilmente da un ricco feudatario in onore del grande Apostolo da cui derivò il nome di " Campo di San Pietro ", l'odierna San Pietro in Campo.

NASCITA DELLA PARROCCHIA Col trascorrere dei secoli sorsero i primi nuclei abitati che, in parte, presero il nome dei piccoli proprietari terrieri locali, Stefanetti, Meoni, Grestini, Biagi, mentre vicino al Serchio sorsero alcune abitazioni nei pressi dell'Arsenale, deposito del legname dell'Alpe destinato alla flotta toscana. Con l'aumento della popolazione stanziale nacque anche l'esigenza di una maggiore assistenza spirituale con la conseguente petizione al Granduca per ottenere l'autorizzazione ad erigere una parrocchia, ciò che avvenne nel 1723 con l'assenso del Vescovo e del Proposto. Già dieci anni prima però, su istanza degli abitanti di Sigliari, Nebbiana e Mologno, un Curato, Don Giovanni Baldi di antica famigliabarghigiana, Cappellano dell'Opera di San Cristofano, officiava stabilmente la chiesa di San Pietro. Il Cappellano doveva risiedere n~lla casa canonica e per il suo sostentamento riceveva, oltre agli emolumenti che gli provenivano dall'Opera di San Cristofano, venti staia di grano l'anno dalla popolazione locale la quale era tenuta anche a provvedere alle varie necessità della chiesa. La nuova parrocchia sorse sottraendo terre a quella di Barga e si estendeva dalla Corsonna al Rio Fontanamaggio e da Sigliari al Serchio, comprendendo grosso modo i piani di San Piero in Campo, di Mologno e di Nebbiana con una popolazione di circa 700 anime. Fra i Rettori susseguitisi alla guida della parrocchia è da ricordare Don Rocco Bonaccorsi (1866-1944) che vi operò dal 1890 per oltre mezzo secolo, cultore di lettere greche e latine, intimo amico di Giovanni Pascoli ed ispiratore della sua poesia " Il viatico ".

IL CASTELLO DI MOLOGNO Sul margine del Piangrande, verso la vallata ove scorre il Rio di Fontanamaggio, si snoda una vecchissima via che collega il «Giardino» con l'Oratorio di San Bernardino per proseguire e raggiungere « Colombaia» di Mologno. Il modesto colle sul cui culmine è posto l'oratorio è separato, da un valloncello, dal Piangrande, il più vasto dei piani che a ventaglio, degradando verso il Serchio, si dipartono dall'abitato antico di Barga. Esso, posto all'estremo limite del piano prospiciente il fiume, ha rappresentato da sempre la sentinella avanzata creata a guardia del nostro territorio e che, nel corso dei secoli, ha dovuto subire la furia dei nemici e tale è stata la sua importanza strategica che durante l'ultimo grande conflitto mondiale l'esercito tedesco vi istallò una postazione di armi automatiche leggere per controllare i sottostanti piani di Caterozzo - Mologno - San Pietro in Campo ed il letto del fiume fino alle porte di Gallicano. Nel Medioevo vi sorgeva un castello, uno dei molti che attorniavano e proteggevano quello di Barga e che, dalla vicina località, prese il nome di castello di Mologno, costituito in piccolo comune. Di esso sono rimaste alcune vestigia, costituite da tratti di muraglioni, tipicamente medievali, appartenenti alle mura che cingevano il castello di cui non si conosce l'epoca della distruzione e della soggezione a Barga ma che probabilmente risale alla metà del 1300. Nel 1400, intorno al colle, vi possedeva beni la famiglia dei Vitoi, provenienti da Vitoio in alta Garfagnana, alla quale, nel 1498, la cavalleria pisana saccheggiò e incendiò stalle e capanne.

IL CONVENTO DI SAN FRANCESCO DI NEBBIANA Nel 1434 il frate Ercolano da Piegaro d'Umbria, ottenuto dal Papa Eugenio IV il permesso di erigere alcuni monasteri per una maggiore diffusione dell'Ordine Francescano in lucchesia, usufruendo dei ruderi del castello, edificò sul colle un convento sotto il titolo di San Francesco, conosciuto anche come convento di Nebbiana, il primo nato in VaI di Serchio, seguito da quello di Pieve Fosciana. E' tradizione, non comprovata, che alcuni anni dopo vi prendesse gli abiti francescani Ludovico Turignoli col nome di Fra Michele, il futuro Beato Michele da Barga. Era quella dei Turignoli una famiglia ricchissima, proprietaria di numerosi beni terrieri, alla quale appartenne il condottiero Francesco, noto come Capitan Ceccone ed Ermellina, madre dell'umanista Pietro Angeli. Il luogo però era malsano a causa della malaria originata dal ristagno delle vicine acque del Serchio e forse questa fu una delle ragioni che spinsero i frati a costruire, neppure quaranta anni dopo, un nuovo monastero, ancora esistente, in Pian di Serra lungo la Via della Giuvicchia che univa Barga con Caterozzo. Il padre Crisologo Orlandi di Barga, vissuto nel 1700, autore di una biografia del Beato Michele, asserisce che j1 terreno su cui fu edificato il convento di Nebbiana era di proprietà dei Turignoli mà ciò non sembra corrispondere al vero in quanto fu proprio questa famiglia ad acquistare la terra dopo il trasferimento del convento.

L'ORATORIO DI SAN BERNARDINO Il vecchio convento fu ridotto, parte in casa colonica e parte in canonica, ad uso dei sacerdoti che in forma assai ridotta e precaria continuarono ad officiare l'oratorio per comodità degli abitanti di Mologno e di Nebbiana che altrimenti avrebbero dovuto usufruire della chiesa di San Piero in Campo assai lontana. Poiché il titolo di San Francesco era stato mantenuto dal vecchio al nuovo convento, l'oratorio di Nebbiana assunse quello di San Bernardino che tuttoggi detiene. Per la vetustà e !'incuria degli uomini la chiesa subJ un lento progressivo deterioramento e nel 1713 la Compagnia, che ivi si era formata, dovette restaurarla e rimodernarla rifacendo anche l'altare maggiore. Costituitasi nel 1723 la parrocchia di San Piero in Campo, anche San Bernardino, col territorio circostante, fu compreso nel suo territorio. Nel 1768 Giovan Pietro Bartolini ricostruì quasi per intero l'oratorio molto danneggiato anche dai terremoti del 1740 e 1746, fornendolo di tutto l'arredamento necessario e assumendone il patronato il 16 Maggio a seguito di una Bolla del Vescovo di Lucca Mons. Mansi. Il patronato obbligava la famiglia Bartolini a garantire la manutenzione della chiesa e fabbricati annessi e il servizio del culto ma gli dava il diritto di nominare il sacerdote officiante e difatti il primo di essi fu il Canonico Francesco Nicolao, fratello di Giovan Pietro. In seguito il patronato passò alla famiglia CardosiCarrara erede dei Bartolini, nel frattempo estintisi, che vi seppellì i propri morti. Nel 1855 la famiglia Cardosi-Carrara rinunziò al giuspadronato e fu compensata con la somma di L. 324 dalla Confraternita che si era formata e che di fatto divenne proprietaria dell' oratorio e rimise subito a nuovo il tetto e la canonica. Altri lavori di restauro e di abbellimento furono compiuti nel 1875, 1880, 1887, 1912, nel 192O a seguito del terremoto e nell'ultimo dopoguerra. Il podere, che comprendeva il piccolo storico colle, fu acquistato nel secolo scorso da Antonio Stefani, padre di Morando, Podestà di Barga per molti anni e ceduto poi ai Tolari, gli attuali proprietari provenienti dall'Emilia. Dal 1881 al 1912 la chiesa fu offidata dal Cappellano Francesco Antognoli che lasciò San Bernardino avendo superato la veneranda età di 80 anni e a lui subentrò Don Leonello Chiappa, Canonico della Collegiata di San Cristoforo, fratello del Dott. Amedeo farmacista al Giardino, che offidò in seguito anche a San Rocco e vi rimase fino al 1938 anno in cui fu nominato Rettore di Castelvecchio. Don Mario Consani, anch'egli Canonico, ha retto per oltre trenta anni, dal periodo bellico, la Parrocchia di San Pietro in Campo, mantenendo ancora aperto, fra molte difficoltà, il vecchio oratorio di Nebbiana. Per due anni ha retto la parrocchia Don Cola e quindi è subentrato l'attuale parroco Don Antonio Pieraccini. Alcuni anni fa Alfredo Lenzi modellò in terra cotta l'emblema di San Bernardino, posto sulla facciata della chiesa, altra sua opera, rappresentante Gesù che porta la croce, è esposta all'interno. Per circa tre anni la chiesa è rimasta chiusa essendo il suo tetto pericolante e per il suo ripristino sono stati necessari interventi che hanno imposto un notevole impegno economIco. Ad opera della ditta Lorenzini e con l'aiuto dei fedeli, stimolati dal dinamico Don Antonio, il tetto è stato completamente rinnovato, secondo le nuove leggi antisismiche, rispettando però la caratteristica delle antiche strutture a capriate. Oggi San Bernardino, che tanta parte ha avuto nella vita civile e religiosa del paese, viene riaperto al culto per riprendere la sua funzione di rinnovato centro di fede in una zona che va rapidamente urbanizzandosi.

S. PIETRO IN CAMPO
Tratto dal libro omonimo di Mons. Lino Lombardi (Edizione de "Il Giornale di Barga" Stampato dalla Tipografia Gasperetti - Maggio 1954

Chi volesse dare uno sguardo, anche fugace, alla storia del mo nachismo occidentale nella vita del Cristianesimo, rileverebbe che, insieme al grande Patriarca dei Monaci di Occidente, S. Benedetto, vi è un altro nome insigne: S. Agostino Infatti, dietro ispirazione di questo Santo Vescovo e Dottore e seguendo regole da Lui dettate, molti furono coloro, uomini e donne, che, in Africa prima, in Europa dopo, si ritirarono a vita eremitica per condurre una vita di maggior perfezione. I loro monasteri vennero detti Eremi o Romitori e, naturalmente, ve ne furono di minore o maggiore importanza, a seconda delle zone e del numero dei monaci. Grande fioritura di Eremi si ha dal sec. V al sec. XIII; ma purtroppo, come accadde anche nelle Istituzioni più sante, il gran numero portò ad inconvenienti per nulla favorevoli alla vita spirituale. Sia per difficoltà di adattare in tutto le regole Agostiniane alla mentalità di persone di razze e popoli diversi provenienti dalle invasioni barbariche e in fusione coll'elemento latino; sia per l'instabilità politica dopo lo sfasciamento dell' impero ramano, per cui si ebbero tempi confusionari; sia per la mancanza o le difficoltà di comu-, nicazioni,'che non permettevano unità di azione e facilità di controllo, si crearono varie congregazioni e sezioni eremitiche che, pur nel nome di S. Agostino e magari con le migliori intenzioni, agivano per conto proprio A questo stato confusionario volle porre riparo, nel 1254, il Pontefice Innocenzo IV, cercando di riunire in una le varie Congregazioni. Intanto cominciò col disporre un abito comune. La morte però non gli permise di attuare il disegno, che fu raccolto dal successore Alessandro IV. Questi, nel 1256, un po' a fatica, potè riunire a Roma, presso S. Maria del Popolo, i Superiori delle diverse Congregazioni e i rappresentanti dei vari Eremi e riuscì finalmente a realizzare un' unica Congregazione detta anche oggi degli "Eremitani di S. Agostino", meglio conosciuta col nome di "Congregazione degli Agostiniani", dando le una regola da osservarsi da tutti. Fra i rappresentanti a Roma figurano nell' elenco quelli dell' Eremo di Rupe Cava, situato nel Monte Pisano; Eremo che si fa risalire a S. Agostino stesso, poichè, si dice, ivi il Santo avrebbe soggiornato alquanto durante la sua permanenza in Italia. Di tale Eremo, che oggi fa parte della Diocesi di Pisa in parrocchia di Ripafratta, a pochi metri dal confine Diocesano e Provinciale, non rimangono che rovine ed una chiesa fatiscente. Però nella zona che ha per centro Lucca non vi fu soltanto l'Eremo di Rupe Cava; dagli antichi cronisti sappiamo, attenendoci alla Valle del Serchio, che nel 1277 vi erano un Romitorio di Agostiniane a Cascio, gravato di lire lucchesi 10, quale decima per la Crociata, ed un altro alle Fabbriche. Per ciò che riguarda il Territorio Barghigiano si ricordano il Romitorio degli Agostiniani in Giuncheto, gravato di lire 10 per la Crociata e il Romitorio di Sommocolonia, che alcuni asseriscono fosse in località S. Margherita, dove sono ancora ruderi della Chiesa di detta Santa. Dagli Annali Agostiniani risulta che un certo Fra Pellegrino, di questo Romitorio, nel 1251 partecipò al capitolo generale della sua Congregazione tenuta nella Chiesa del SS. Salvatore a Cascina (Pisa). E infine si ricorda il Romitorio, che è quello che maggiormente interessa delle Agostiniane di Camposampieri.

CAMPOSAMPIERI Questo nome, di primitiva lingua italiana, non è che la traduzione letterale del latino Campus Sancti Petri, cioè " Terreno pertinente a S. Pietro". "Campus" ha generalmente significato di terreno pianeggiante. , Rientra senza dubbio fra le donazioni o lasciti che nell' epoca longobarda feudatari o ricchi proprietari, per il loro bene spirituale, "pro remedio anime" così dicevano" elargivano alla Chiesa in onore della Divinità, della Vergine e di Santi, verso i quali avevano devozione particolare. In questo caso in onore di S. Pietro; ed il fondo, certamente col consenso dell' autorità ecclesiastica e in base ad altri casi, servì per un Romitorio Chi donò? Difficile il dirlo Forse la famiglia dei Rolandinghi; feudataria di Barga e di un vasto territorio della Valle del Serchio Quando? Possiamo attenerci al periodo dei secoli IX ex. Però notizia esplicita ecclesiastica l'abbiamo solo nell' anno 1260.

ROMITORIO DELLE AGOSTINIANE Infatti nella descrizione delle Chiese della Diocesi di Lucca del 1260 si trova: In Plebanatu de Loppia Dnato de Campo S. Petri. Dnato - Dominicato (cioè luogo religioso sacro gravato di lire lucchesi 30 per la Crociata. E che in questo luogo sacro ci fosse un Convento di Agostiniane si rileva da un documento vescovile del 31 Ottobre 1283 con cui il Vescovo di Lucca confermava l'elezione della Prioria del "Romitorio" de Campo S. Petri. Il Romitorio è parimente ricordato in un contratto del 17 Aprile 1287 in cui Maestro Taddeo di Dato di Barga confessa di aver ricevuto da Prete Bonnese, sindaco del Monastero di Camposampieri, lire 26 che avanzava da Suor Giovanna ed altre sorelle. (Cfr. " Territorio di Barga "del Magri - Documento in Appendice) . Questo Monastero pare che avesse beni fin dal sec. X sulla destra del Serchio e perfino alla Freddana. Come questo Monastero andasse a finire non è dato sapere: certo è che nel 1414 invece delle Agostiniane ci traviamo altri religiosi detti in forma generica frati.

ROMITORIO DI FRATI Ciò apprendiamo dagli "Statuti di Barga" (Lib. 4° - Rub. 111 - 1414) . nei quali è detto: "Statuirno e ordinorno detti Statutari che niuna persona di Barga o habitante a Barga grande o piccolo dia o dar faccia alcun danno guasti o ncendio in case o sopra case e beni mobili et immobili del "Romitorio di Camposampiero di Barga e dei Frati di detto Romitorio o alcuna persona di detta Chiesa in haver o in persona alcun gravamento faccia ad alcuna della "detta Casa, e se alcuno o alcuna contro haverà fatto o contra sarà. venuta, sia punita ciascuna volta "in saldi 100 per lo podestà del Comune di Barga etc. Ma questi Frati, dei quali la Comunità si preoccupa in un modo così particolare e serio, chi erano, a quale Ordine appartenevano? Ritengo possano essere stati gli Agostiniani del Romitorio di Giuncheta, che per balla del Vescovo di Lucca, Guglielmo, datata 12 Maggio 1369, furono trasferiti da quella località montana a Barga; e ciò in esecuzione del Breve concesso da Clemente IV. Quindi niente di più facile che da un Romitorio siano passati .ad un altro delle vicinanzedi Barga e che era dello stesso Ordine. In un periodo susseguente, che però non è dato precisare, e per motivi che non conosciamo, troviamo gli Agostiniani" entrò Barga stessa. La prima notizia certa l'abbiamo attraverso un provvedimento del Comune del 1477, col quale si favoriva la loro Chiesa che era stata intitolata, certamente con buon ricordo fiorentino, a S. Maria Novella. Carne tutti sanno, Chiesa. e Convento erano situati nell' Aiaccia, attualmente Piazza Angelio, ed ormai, dopo le distruzioni belliche e le ricostruzioni, qualsiasi traccia è scomparsa. Gli Agostiniani ebbero dimora a Barga fino al 1782, epoca in cui Pietro Leopoldo soppresse Chiesa e Convento e aggregò te rendite al Convento di S. Nicola a Pala. Quanto all' antico Romitorio di S. Pietro in Campa, ignoriamo come sia finito. Il Magri, nel suo Territorio di Barga asserisce che nei pressi dell' attuale Chiesa, scavando, si sano trovati muraglioni del monastero. Quanto al materiale: o disperso o andato a far parte di altre costruzioni, non ultime la canonica e il riattamento della Chiesa; anzi l'abside e la parte del campanile devono essere residuati dell' antica costruzione.

FORMAZIONE DELLA PARROCCHIA DI S. PIETRO IN CAMPO DAL 4OO A TUTTO IL 600 Nel periodo che va dalla fine del Romitorio (presumibilmente seconda metà del 400 fino a tutto il 600, le informazioni nei riguardi di S. Pietro in Campo tacciono però quella popolazione un servizio religioso lo ha avuto senz' altro, sia pure il minimo indispensabile. Per le funzioni principali e per il servizio vero e proprio era necessario ricorrere alla Chiesa Parrocchiale di Barga. Quanto sopra lo rileviamo da una nota in calce ad una relazione sulle Chiese di Barga redatta nel 1708 (Mem. Proposto Guidi - tomo 10 Cart. 84). Dice: "Vi è fuori di Barga una Chiesa luogo detto Campo S. Piero distante da un miglio incirca, alla quale gli fu concesso dagli antecessori solamente la messa per più comodo di quel popolo e non vi è altro che il semplice Oratorio senza stanze e senza sagrestia e il sacerdote si para all'altare e nella messa raccomanda al popolo le vigilie e feste di precetto e istruisce quelli che devono fare la prima volta la comunione. La dizione" concesso dagli antecessori" è indeterminata e vuol dire che bisogna risalire assai nel tempo; quanto alla Chiesa, vediamo che nel 1708 si era proprio al minimo, anche per la semplice celebrazione della messa. Quanto agli abitanti, si trattava di popolazione rurale e per conseguenza scarsa nella zona rivierasca, dove il Serchio occupava col suo flusso disordinato tutto il fondo valle. La grande maggioranza si aveva sui colletti,nella zona dell' ex Romitorio e sulle direttive del pian di Sigliari e del Piangrande, Però verso il 700, quando per la maggior sicurezza, per le incipienti bonifiche e per un maggiore e migliore lavoro agricolo la popolazione si è accresciuta, particolarmente lungo il Serchio, gli abitanti di S, Pietro in Campo, come i loro vicini di Fornaci, sentirono il bisogno di una maggiore e più comoda assi-stenza spirituale.

VERSO LA PARROCCHIA Come risulta dagli atti della Comunità di Barga fu il 19 Marzo 1709 che gli abitanti di S, Pietro in Campo fecero richiesta al Vicario Foraneo e alla Comunità di avere dall' 0pem di S. Cristoforo (controllata dalla Comunità stessa) un Cappellano stabile, forse perchè non si vedeva alcun esito, la domanda fu rinnovata oltre un anno dopo il 23 Agosto 17120. La pratica deve aver avuto uno svolgimento piuttosto lento, dato che le Autorità ecclesiastiche e civili dovevano esaminare e disporre in conseguenza e non devono esser mancate difficoltà, Si tenga presente che allora Barga ecclesiato1ticamente era sotto il Vescovo di Lucca (stato straniero) e politicamente sotto il Granducato di Toscana, quindi le pratiche dovevano condursi per via diplomatica, con notevole impaccio e lentezza. Non solo ma anche il popolo doveva dire la sua ed assumersi impegni. Un anno dopo, poichè le pratiche davano buon affidamento di riuscita, veniva inviato Cappellano a S, Pietro in Campo Prete Giovanni Baldi. Ciò apprendiamo dagli Atti della Comunità al giorno 7 Agosto 1711 insieme allo stanziamento di staia 20 di grano quale dotazione da largirsi dal popolo . Pochi giorni dopo, 15 Agosto 1711, per rogito Notaro Mazzolini, fo stipulato un istrumento che consacrasse nelle forme legali gli obblighi del popolo e le disposizioni delle superiori Autorità Ecclesiastiche e Civili, tra le quali lo Commissione dei Nove di Firenze, espressione dell' Autorità Granducale. Però passò ancora del tempo e soltanto il 13 Luglio 1713 si ebbe il documento della Curia Vescovile Lucchese.

IL DOCUMENTO 13 LUGLIO 1713 Questo documento possiamo considerarlo un po' la carta fondamentale della futura a parrocchia. "Prima di tutto si dà atto del desiderio del popolo di S. Pietro in Campo (si specificano più particolarmente le località Sigliari, Nebbiana e Mologno) di avere un cappellano per l'amministrazione dei sacramenti (dato la lontananza da Barga e che di notte le sue porte son chiuse. Si ricordano le premure fatte dal popolo presso il Proposto di Barga e l'autorità ecclesiastica lucchese e si prende atto dell' obbligazione di passare al cappellano st. 20 di grano e di fare quanto era già stabilito nell'istrumento notarile. Si prende atto in oltre delle disposizioni del Granduca fatte note attraverso una lettera dei Nove di Firenze, per le quali, eleggendosi per cappellano curato uno dei cappellani dell' Opera di S. Cristoforo; doveva continuare a percepire gli utili come gli altri cappellani in servizio alla Chiesa di S. Cristoforo Diamo in riassunto degli obblighi e diritti vicendevoli secondo che appariscono dal documento: 1) Obbligo del popolo di passare le 20 st. di grano 2) Godimento da parte del cappellano dei benefici inerenti al servizio dell'Opera di S.Cristoforo 3) Obbligo del popolo di provvedere quanto è necessario al culto divino (vino, ostie, olio per la lampada al SS.mo, arredamento necessario e decente per gli altari etc. 4) Obbligo (del cappellano di fare tutto il servizio indipendentemente dal Proposto di Barga eccetto i battesimi ed i matrimoni, salvo concessione del Proposto stesso, Quanto ai funerali, i defunti erano portati a Barga per la sepoltura, ma al cappellano spettava un emolumento per il trasporto 5) Obbligo del cappellano di risiedere giorno e notte nella casa canonica 6) Diritto dell' Ordinario Diocesano per la nomina e la remozione 7) Confini tirati dal casale di Sigliari a profilo nel piallo di sopra, ossia nel Piangrande o Nebbiana 8) Diritto del Clero di Barga di fare le processioni, secondo il solito giro, nel Piangrande. Per l'attuazione e l'osservanza delle obbligazioni furono deputati, d'accordo popolo ed autorità, Valentino Carrari di Nebbiana e Michele Meoni di Sigliari. In base a quanto sopra Mons.Vincenzo Torre Vicario Gen. del Cardo Orazio Spada Vescovo di Lucca elesse come primo cappellano della Chiesa di S.Pietro in Campo, Prete Giovanni Baldi, Cappellano dell' Opera di S. Cristoforo, che del resto era già in funzione, Questo fu il primo e decisivo passo verso la costituzione della parrocchia. Non sempre tutto andò quieto e non mancò qualche controversia nei riguardi del godimento degli emolumenti della Massa dei Cappellani dell'Opera di S. Cristoforo; però tutto fu poi convenientemente appianato.

LA PARROCCHIA La presenza di un cappellano stabile ed il maggior servizio ebbe un importante influenza sul popolo che, maggiormente affezionato, alla Chiesa e conoscendo come essa potesse dare una particolare fisionomia ed unità ad una popolazione sparsa, fece premure presso il Granduca per avere una maggiore indipendenza da Barga. Si era nel Giugno 1723. Naturalmente ne fu interessata l'Autorità Ecclesiastica, la quale persuase il Proposto a concederla. Il 16 Settembre 1723 il Granduca dava il suo consenso per l'erezione della Chiesa di S. Pietro in Campo in Vicaria con un parroco vicario con facoltà di seppellire i defunti, celebrare i matrimoni e battezzare indipendentemente dal Proposto di Barga, beninteso che doveva esservi il consenso del Vescovo e del Proposto e perciò il Granduca disponeva che si convocasse il popolo per eleggere persona che potesse fare tutti gli atti presso l'Ordinario. A piena voce fu eletto Valentino Carrari. Come compenso a Barga per questa indipendenza, il popolo obbligava a dare ogni anno al Proposto una libbra di cera lavorata. Con decreto del Vicario generale Mons. Sardi del 9 ottobre 1723 finalmente S. Pietro in Campo veniva elevato in Parrocchia.

IN MARGINE ALLA PARROCCHIA - LA CHIESA PARROCCHIALE É certo che l'antica Chiesa del Romitorio subì le, conseguenze dell'abbandono della Religiosa Comunità; ma, mentre il Convento andò in rovina, i danni della chiesa non devono essere stati sostanziali e quando tra il 500, e il 600 fu ripreso un minimo di servizio religioso (cfr. il cenno più oltre) senza dubbio la Chiesa doveva, essere stata sia pure alla meglio e senza sacrestia, rimessa in efficienza. In seguito l'edificio, ha avuto rifacimenti; però anche oggi vediamo subito che l'abside doveva essere dell'antica costruzione romanica. Secondo le misure che ci sono state tramandate attraverso un documento di visita pastorale del 1781la Chiesa aveva la lunghezza di braccia 58 e la 1arghezza di braccia 20. Considerato che il Braccio fiorentino è equivalente a cm. 58,3 avremo rispettivamente m. 34 e m. 12 circa. Notizie specifiche di lavori antecedenti al 1781 non ne abbiamo; soltanto nel1785, al tempo del Rettore Menghessi Anton Gaetano, sappiamo che furono eseguiti lavori alla Chiesa e alla canonica, ma non di quale entità. Altri lavori, e questi di notevole importanza, furono eseguiti nel 1850, altri ancora al tempo di D. Rocco Bonaccorsi. Per ciò che riguarda l' arreda mento, a titolo di curiosità, ,notiamo che nel 1786, in, occasione della soppressione di Chiese ed Oratori, disposta, ,dal Granduca Pietro Leopoldo in Toscana, dalle Autorità di Barga fu stabilito che l'organo della Chiesa della SS Annunziata fosse assegnato alla Chiesa di S. Pietro in Campo ,Tale ordine dopo pochi giorni fu revocato, perchè le Chiese barghigiane furono mantenute. Rileviamo:iuoltre che gliOperai dell' Opera di S. Cristoforo di Barga mantenevano ancora, nel 1786, dei diritti sulla Chiesa di S, Pietro. Nell' anno suddetto infatti (12 Maggio) essi da un vecchio sacrestano uscente si fecero conegnare le chiavi della Chiesa per darle al nuovo. Forse ciò fu a seguito di chiassate avvenute in Chiesa pochi giorni prima per cagione delle panche e di cui fu interessata la Commissione dei Nove di Firenze che dettero ordine di toglierle (5 Aprile 1769). Furono sostituite da sedie, prima poche, poi fino a riempire la Chiesa; ma anche colle sedie avvennero tra le famiglie questioni per diritti veri o pretesi che andarono sempre acuendosi (1825) tanto da provocare gravi fastidi al Rettore del tempo, che fece intervenire le autorità. Le cose si pacificarono, ma gradualmente le sedie furono eliminate e sostituite da panche come si vede attualmente.

LA PARTE BENEFICIARIA Inizialmente (1711) al sacerdote incaricato del servizio in S. Pietro in Campo furono assegnate st. 20 di grano da corrispondersi dal popolo. Per una deliberazione del 1590 tutti i sacerdoti del barghigiano erano iscritti fra i Cappellani dell' Opera di S, Cristoforo col diritto di partecipare ai benefici della Messa. Poichè il cappellano curato di S, Pietro in Campo era uno di questi sacerdoti, in baso anche ad una dichiarazione della Commissione dei Nove di Firenze, a quel sacerdote dovevano mantenersi tutti i benefici, nonchè la partecipazione ai diritti provenienti dalla presenza fisica in Duomo. Però Sorsero questioni e solo nel 1726 venne definitivamente stabilito che i l cappellano curato partecipasse ai benefizi della Messa, ma non a quelli per i quali era stabilita la presenza fisica. Nel 1778 - 14 Agosto - il beneficio della SS. Annunziata. del Duomo di Barga viene trasferito in dote della Chiesa di S. Pietro in Campo. Nel 1786 troviamo che il Granduca con motu proprio del 7 Agosto aumenta la congrua della Chiesa di 70 scudi. Nel 1807 - agli ultimi - le autorità comunali, in base a disposizioni del governo napoleonico, progettano l'istituzione di un ospedaletto a Barga; per fame la dotazione non trovano di meglio che togliere st. 100 grano al Parroco di S. Pietro in Campo. L' Arcivescovo di Pisa, Monsignor Alliata, 2 Gennaio 1808, scrive alle autorità barghigiane una lettera nella, quale si dice che è opera pia erigere uno spedaletto in Barga, (come era determinazione del Magistrato, ma assai gravoso ed ingiusto è lo smembramento delle 100 staia di grano al Parroco di S. Pietro in Campo. Nell' Agosto 1808 la questione apparisce sempre accesa in quanto che le autorità insistono presso i il governo; ma probabilmente non se ne fece di nulla in quanto che di uno spedale a Barga se ne parlerà diversi anni più tardi, cioè nel 1849.

IL TERRITORIO PARROCCHIALE Come abbiam veduto più sopra, i confini erano: "Tirati dal casale di Sigliari a profilo nel piano di sopra, ossia nel Piangrande o Nebbiana. Vale a dire: partendo dal confine naturale della Corsonna, la linea seguiva la mulattiera di Casltelvecchio, traversava il pianoro di Sigliari, lasciando a Barga il casale dei Diversi, risaliva il ciglione, traversava il Piangrande e raggiungeva il Rio di Fontamaggio nei pressi dell'Oratorio di S. Domenico. Da un' informazione del Vic. Foraneo di Barga data nel 1781 risulta che il perimetro della parrocchia era di circa miglia 7. Tenendo presente che il miglio toscano era di m. 1646, si ha un perimetro di m. 11522.Poichè si dice circa, si può scender senz' altro alla cifra pari.I confini però su quelli iniziali, avevano avuto, una lieve rettifica nel 1777 dietro domanda della famiglia Cardosi, che chiese che fosse assegnata a Barga una sua casa colonica di nuova costruzione.Altra rettifica a favore di Barga fu fatta nel 1945 su domanda di famiglie del Piangrande. Quanto al numero degli abitanti, la parrocchia nel 1781 ne contava 676. DA UN CASTELLO AD UN RITIRO MONASTICO Mologno: è questo un. nome che ricorre frequente nella storia del Territorio di Barga del Magri ed è un nome che qualifica una gran parte del territorio della Parrocchia di S. Pietro in Campo. Perciò non possiamo trascurarlo, sia percbè era il nome di un antico castello, sia perchè ad esso è legato un importante fattore religioso del barghigiano ed anche della valle del Sercbio

IL CASTELLO DI MOLOGNO N el suo libro il Can. Magri riporta integralmente quanto lo scrittore e viaggiatore Repetti del primo ottocento, scrive nel suo Dizionario alla parola "Mologno". "Mologno è caseggiato che ebbe chiesa parrocchiale (S. Michele di Mologno) nel Piviere di Gallicano, ora riunito alla Parrocchia di S. Pietro in Campo. Il castello di Mologno o Molognano, posto alla confluenza della Corsonna nel Sercbio, dirimpetto Gallicano fu Signoria di alcuni nobili, che presero il titolo di "Signori di Mologno"; tre dei quali, Buoso, Biancardo e Tancredi di Mologno prestarono giuramento di fedeltà al Pontefice Gregorio IX nelle mani del suo legato nel 1228, con altri no bili di Garfagnana. La Chiesa di S Michele di Mologno fu registrata fra quelle della Diocesi lucchese nel 1250. Come andassero però la cose relativaménte ai destini di questo luogo non è noto; certo è che nell' indice dei Casa1i, Castelli e Ville, costituenti all'anno 1308 la Vicaria Luccbese, manca questo di Mologno, nè più si trova. rammentato nei tempi posteriori se non come un semplice casaluccio, siccome tale è riguardato presentemente". Così il Repetti. Il, Magri osserva, e ingiustamente, che il castello di Mologno non poteva trovarsi alla confluenza della Corsonna col Serchio, bensì sul colletto dove in seguito fu il Convento di S. Bernardino. Lo arguisce dai residui di grosse e solide mura tipiche per costruzioni castellane e che non potevano dirsi di convento costruito per un numero limitato di religiosi. D'altra parte, mentre presso la confluenza, su in alto, risulta esserci stato sempre il Romitorio Agostiniano, il nominativo "Mologno" è rimasto alla piana del fondovalle verso Caterozzo; quasi ad indicare essere stato per là il vecchio castello e, come gli altri castelli, in posizione elevata. Piuttosto ritengo che il Repetti abbia fatto confusione col "casale" dell' Arsenale, che è proprio alla confluenza. Però qualcosa di Mologno, almeno come comunello, era rimasto, poichè nel 1346 lo troviamo registrato nel libro delle gabelle di Barga. E, sparito anche il comunello, è rimasto il nome ad una vasta zona,detta anche Nebbiana certamente per le frequenti nebbie, che salgono dal Serchio. Oggi però il nome "'Mologno" determina una parte più limitata nel Fondovalle e Nebbiana riguarda la parte più alta.

MOLOGNO NEL PLEBANATO DI GALLICANO? Nel suo "Dizionario" il Repetti scrive che Mologno o Molognana, la cui Chiesa era S. Michele, apparteneva al Piviere o Plebanato di Gallicano È possibile che Mologno sulla sinistra del Serchio, mentre le limitrofeChiese,di Gragno e Camposampieri appartenevano al Plebanato di Loppia e ne erano a breve distanza, fosse soggetta a Gallicano al di là del disordinato alveo di un fiume assai largo, dalle abbondanti acque invernali e dagli impaludamenti estivi? Ritengo che anche qui ci sia una confusione di nomi e di località. Attenendomi ai due elenchi riguardanti le chiese soggette ai Plebanati di Gallicano e di Loppia, che il Pacchi riporta in appendice alla sua storia della Garfagnana, noto, in linea generale, che il Plebanato di Gallicano ha le sue, chiese sulla destra del Serchio, quello di Loppia sulla sinistra. Si ha dunque una distinzione naturale determinata dal Serchio. Esaminando poi particolarmente i due elenchi, si rileva: In quello di Gallicano si ha la Chiesa di S. Michele "de Mologuano che figura subito dopo quella dei SS, Alessio e Margherita "de Boloniana", Come si vede, i nomi che qualificano le due chiese sono affini; ciò che fa supporre che in un primo tempo unico fosse il nominativo della località in cui erano erette le due chiese; in seguito per lieve alterazione fonetica si sono avute due denominazioni, che hanno servito a meglio distinguerle. In quello riguardante Loppia, figurano due chiese in onore di S. Michele, però, mentre si nota regolarmente quella "de Albiano", l'altra invece, posta subito dopo la finitima di S. Giacomo "de Gragno", non ha specificazione: Chiesa di S. Michele "de..". Ebbene, quei puntini quale località nascondono? Il Magri, nel suo "Territorio di Barga" vi mette senz'altro la località "de Guzano" e a tale nome mi sono anch' io attenuto nell'opuscolo sulla Pieve di Loppia. Ma una località di tal nome non mi pare che risulti nel Barghigiano perciò ritengo che il nome che il Pacchi ha lasciato in sospeso sia "Mologno", abbreviatura di "Molognano", che tanto sulla destra. che sulla sinistra del Serchio doveva essere il nominativo della zona rivierasca per l'esistenza di diversi molini, dai quali, secondo l'opinione di ricercatori storici Garfagnini, avrebbe avuto origine il detto nome. In altre parole: "Luogo dei molini tanto dalla parte di Gallicano che di Barga, Quanto al nominativo "de Guzano" deve essere stato il frutto di un 'errata lettura o scritturazione. Il Pacchi, perplesso, ha messo dei puntini. Il Repetti ha registrato bene con "de Mologno", ma, confondendo col Molognano Gallicanese, ha fatto passare il Serchio al S. Michele barghigiano, attribuendone la Chiesa a Gallicano. E basta di questa ormai lunga disquisizione!

L CONVENTO DI S. BERNARDINO Tempi assai critici per la Fede quelli del sec, XV; fra l'altro era in maturazione quell' eresia protestantica che doveva portare tanti sconvolgimenti nella vita della Chiesa e delle nazioni. Ma non mancarono uomini che ai popoli fecero sentire alta e solenne la voce di richiamo e d'incitamento. Su tutti emerge S.Bemardino da Siena (1380-1444), il cui apostolato si svolse specialmente nell' Italia settentrionale e centrale. Numerosi furono i suoi discepoli che si sparsero in ogni angolo della penisola. Uno di questi fu il B. Ercolano da Piegaro. Venuto dalla nativa Umbria nella Valle del Serchio, avendo rilevato esservi gravi deficienze religiose, chiese al Pontefice Eugenio IV di erigere alcuni conventi per una maggiore diffusione dell' Ordine Francescano e per una migliore assistenza religiosa alle popolazioni. La domanda del B. Ercolano fu accolta dal Papa che concesse la facoltà con Bolla datata da Firenze il 23 Agosto 1433. In virtù di questa Bolla il Beato eresse quattro Conventi: a S. Gerbone (Lucca), a Borgo a Mozzano, alla Pieve Fosciana e in Nebbiana. Il cronista francescano P. Pulinari ha così scritto: "Frate Herculano prese possesso presso Barga (Nebbiana) un luogo, per vigore di un Breve del Papa Eugenio IV, l'anno 1434". Come si è già detto, la località Nebbiana è comprensiva della zona di Mologno. È dunque dal 1434 che i benemeriti figli di S. Francesco presero dimora nel Territorio Barghigiano . Secondo il P. Pier Crisologo Orlandi, autore di una vita del B. Michele Turignoli, il terreno in cui fu fabbricato il Convento era di proprietà della famiglia Turignoli. Secondo il Magri, come abbiam veduto, il Convento fu fabbricato sulle rovine dell'antico castello di Mologno; ma ciò non toglie che ivi, in tutto o in parte, i Turignoli avessero una proprietà. Inizialmente il Convento fu detto" di Nebbiana, però dopo la canonizzazione di S. Bemardino (1450) assunse il nome del Santo con dedicazione della Chiesa, che può essere stata il riattamento dell' antica. I frati dimorarono in quel luogo circa 37 anni. In occasione di una pestilenza alcuni di essi si trasferirono a Barga per l'assistenza ai contagiati è si allogarono in casette di proprietà della Compagnia dei Battuti della Croce (l'attuale Compagnia del SS. Crocifisso dei Bianchi). I religiosi incontrarono il favore del popolo, che volle rimanessero in Barga. In considerazione di ciò e per l'aria malsana derivante dagli impaludamenti del Serchio, dietro istanza di Fra Ludovico Turignoli (B. Michele)decisero di stabilirsi definitivamente a Barga. Pare che si addivenisse ad una permuta dei beni e nel 1741 si iniziò la ricostruzione dell'attuale convento barghigiano e fu così che il colle, che già vide il castello di Mologno e poi il convento francescano, ritornò in solitudine.

L' ORATORIO DI S. BERNARDINO E la solitudine durò molto tempo: circa tre secoli (1470-1768). Fu appunto nel 1768, che i signori Can. Francesco Nicolao, Giovan Pietro e Gaetano, figli del fu Capitano Angelo Francesco Bartolini, decisero di ripristinare l' Oratorio di S. Bernardino, con un conveniente servizio religioso a beneficio della popolazione di Nebbiana e del fondovalle, troppo lontana dalla parrocchia. Fatte le opportune pratiche presso l'autorità ecclesiastica, in , data 16 Maggio 1768 e a firma del Sac. Lippi Vicario Generale di Monsignor Mansi Arcivescovo di Lucca, fu pubb1icata la Bolla di erezione. In essa fra l'altro si dice che questo Oratorio, edificato fin dall'anno 1434 ed in seguito quasi distrutto, era stato recentemente ricostruito ed attrezzato dai Sig. Fratelli Bartolini a proprie spese. Si fa cenno che ha la porta sulla pubblica via, quindi aperto in pieno per il servizio religioso, si enumerano le riserve solite farsi quando si tratta di Oratori, si ricorda ai fratelli Bartolini il dovere della decorosa manutenzione dell' edificio e della sacra suppelettile in base alle obbligazioni da essi assunte con atto rogato Dini in, data 11 Mag.gio 1768. Vi era poi una condizione particolare: che non vi si erigessero confraternite e non vi si facessero questue. E ciò certamente in omaggio ai diritti della Chiesa Parrocchiale. Desidero poi riportare quanto, a titolo di ricordo, è stato poi aggiunto nella pergamena di erezione: " A di 24 Mag-gio 1768 la prima messa nella Chiesa di S. Bernardino la celebrò il Sig. Can. Francesco Nicolao Bartolini, e la spesa per rifare la detta Chiesa fu fatta dal Sig Giov. Pietro, fratello del suddetto, sì di materiale, come di tutte le suppellettili,cioè pianeta, quadro, candelieri,campana comprata dalla Compagnia della. Fornacetta e pagata scudi 10, Pile per l'aqcuasanta lire 5, calcina, munratura, tegoli, mattonelle, chiodi, vetrate e tutto questo si trova, a tutte sue proprie spese contanti ad onore e gloria di Di,o e di S. Bernardino, che assista alli nostri bisogni dell' anima e del corpo. In uu tempo posteriore, alla patrona Famiglia Bartolini deve esser succeduta la Famiglia Cardosi; non solo, ma certamente col consenso dell' Autorità Ecclesiastica, fu costituita una Compagnia. Infatti da pubblici resoconti risulta che la Compagnia, col contributo del popolo, fece parecchi lavori curando particolarmente Chiesa, campanile, canonica e arredamento. Cosi dal 1813 ad oggi.

L'ORATORIO DI S. DOMENICO Lungo la via di Val di Lago, che da Barga porta a S. Bernardino in località "Gamberello" si trova un piccolo Oratorio dedicato a S. Domenico. Fu eretto dall'Avv. Domenico Pistoia di Barga, certamente per agevolare il servizio religioso in quella plaga. Le pratiche esperite coll'Autorità Ecclesiastica e Civile durarono dal 1839 al 1842. In data 23 maggio 1842 Mons. Panetti Arciv. di Pisa emise il decreto di erezione. Naturalmente il decreto dispose la salvaguardia dei diritti parrocchiali e tutto quanto è inerente alla sicurezza e manutenzione dell'edificio e all'ufficiatura che riguardava la messa festiva. Attualmente l'Oratorio non viene più ufficiato. LUNGO IL SERCHIO A suo luogo abbiamo accennato come, lo scrittore Repetti alla confluenza della Corsonna col Serchio mettesse il castello di Mologno e che di esso era rimasto un casale; vi è infatti, ed è il casa le detto dell'Arsenale. L'ARSENALE E' un nome tipicamente marittimo e ci si può domandare se Barga colla sua "Barca in mezzo al mare" non avesse in conseguenza anche un porto .. E sotto un certo aspetto, sì! Infatti il nome della località è dato da un vasto deposito detto appunto Arsenale perchè ivi veniva depositato il legname della montagna per il rifornimento della Marina Toscana e per la costruzione dei remi. Nella montagna anche oggi è segnata la "via dei remi", più volte ricordata . nelle deliberazioni, della comunità per un' efficiente manutenzione. A titolo di curiosità noto che la "via dei remi" traversava l'attuale Barga nuova (Canteo, Largo Roma, S. Antonio, Piangrande). Prossimo all' Arsenale, al luogo.detto "Sasso di Menante", era loscalo dei remi. Di qui. durante le piene del Serchio, il legname veniva convogliato alla foce, donde, via mare, era trasportato a Livorno. Il capannone era lungo circa 23 metri e largo circa 9. Nel lato di levante, sopra una porta, si vede l'arma dei Medici ed una consunta iscrizione con le date 1565 e 1611. Nel 1741 fu ceduto alla Comunità di Barga che però doveva metterlo a disposizione dell' autorità governativa ogniqualvolta potesse abbisognare alla Marina per il deposito di legname. Nel 1819 con. decreto 23 Agosto ne fu autorizzata la vendita a privati. E così s' insabbiò pel sempre il . . . porto di Barga!

SERCHIO, FIUME DEL POPOLO Così lo chiamò il Pascoli per il grande profitto che sempre ne hanno tratto i territori attraversati. Però, giocando sulla scultorea frase Pascoliana, diciamo che in alcuni tempi fu un fiume di diversi popoli, un fiume internazionale in quanto che (mi limito dal 500 all' unità d'Italia) toccava tre stati: Fiorentino, Lucchese, Estense, ed avveniva allora quel che avviene anche oggi per certi fiumi internazionali, cioè , questioni e vertenze a non finire. E, limitandoci ancora alla zona che è oggetto del nostro opuscolo,diciamo che la zona di Mologno, posta com'è dinanzi a Gallicano, ci ricorda infinite ed interminabili liti e discussioni fra Barghigiani (stato Fiorentino) e Gallicanesi (Stato Lucchese) per diritti di pesca, di utenza e deviazioni di acque; per lavori arbitrari tanto da una parte che dall' altra, per piantagioni o per difesa per isole ed isolotti che le piene formavano o facevano scomparire. Senza contare l'incertezza del confine stesso degli Stati; confine che era legato più o meno al filo di una corrente quanto mai variabile. Un pò il fiume era di per sè disordinato;un po' tutti cercavano di disordinarlo a proprio favore. Per secoli, intenso è stato il lavoro delle Cancellerie di Lucca e di Firenze, nonchè di tecnici e giuristi; sempre però con poca conclusione:' Con l'Unità d'Italia le cose naturalmente cambiarono via via questioni e liti si andarono eliminando;meglio si definirono diritti e doveri di Enti e di privati ed oggi dell' inquieto passato non v'è che un ricordo storico. Chi però volesse farsi un' erudizione sulle questioni e, liti riguardanti il Serchio, si armi di coraggio e legga quel che ne scrive il Magri nel suo "Territorio di Barga" da pag. 164 a pag. 189. Se poi il Serchio non gli bastasse, cerchi il capitolo riguardante le questioni del monte di Gragno. Venendo alla conclusione di questo paragrafo, noto che l'inimicizia fra Barghigiani e Gallicanesi a causa di questo benedetto fiume era così forte che crearono dei modi proverbiali di questo genere: ".Tenere da Barga e da Gallicano " cioè "tenere il piede su due staffe" - "Esser Barga e Gallicano" cioè "Essere il diavolo e la croce". Oggi, ripeto, un simile passato non è che un ricordo e i due centri della. Media V alle del Serchio vivono in pace ed armonia. Proprio nella zona di Mologno che vide parecchie di queste competizioni (nel 1666 i Barghigiani furono presi ad archibugiate) un ponte ed una stazione ferroviaria congiungono, e non solo idealmente, i due popoli già aspramente rivali. E, leggendo sul fronte della stazione l' indicazione ufficiale: Barga-Gallicano,credo che a nessuno vengano in mente i sottintesi di cui sopra; il secondo specialmente!!!